Grazie alla collaborazione con Fazi Editore abbiamo avuto modo di essere tra i primi a poter leggere Il professore di Charlotte Brontë, nella nuova edizione italiana. Pubblicato per la prima volta nel 1857 postumo, questo è in realtà il primo romanzo scritto dall’autrice del più celebre Jane Eyre. Eravamo davvero curiose di leggerlo: tanto per iniziare questo è l’unico romanzo di Charlotte Brontë in cui il personaggio principale, il protagonista, è un uomo. Abituate a eroine come Jane, Shirley, Lucy, guardavamo con sospetto a questo William Crimsworth. Ci chiedevamo se la penna dell’autrice, così ben abituata a scandagliare le profondità dell’animo femminile, potesse tradire dell’incertezza delineando i tratti caratteriali maschili del professore.
La vicenda narrata è molto semplice: è ambientata tra l’Inghilterra e il Belgio, e racconta di come un giovane uomo trova il suo posto nel mondo, destreggiandosi tra avversità, inganni, difficoltà economiche, e scegliendo di lavorare sodo e sfruttare le sue capacità per uscire a testa alta dai problemi della vita. Tutto questo mentre cerca fortuna, e trova l’amore, in una terra straniera.
Inutile dire che è a dir poco emozionante sapere che quei racconti di vita a Bruxelles sono autobiografici.
Di sicuro, poi, è stato divertente scovare e riconoscere, lì abbozzati, acerbi, nascosti tra righe ancora incerte, nomi, personaggi, posti, che ci sono già noti, che conosciamo da altre letture, che hanno per noi descrizioni e lineamenti ben definiti, una ufficialità ben diversa: eccole lì, quelle studentesse della prima fila, una di loro si chiama “Hortense”, che sarà, in Shirley, la sorella del protagonista maschile; un’altra, quella con i capelli scuri, si chiama “Caroline”, che, sempre in Shirley, sarà la seconda protagonista insieme all’eroina principale, da cui prende il nome il romanzo; e cosa leggiamo lì, nei versi improvvisati da Frances Henri, l’allieva di cui il professore si innamora? Dietro quale nome cela la sua identità, tra quelle parole d’amore? “Jane”. Sembrano essere già tutte lì, le donne i cui nomi e volti conosciamo già molto bene, dagli altri romanzi dell’autrice.
Come sembrano essere già lì alcuni tra i capisaldi, i punti fermi, che caratterizzano il ben noto “femminismo”, se così si può chiamare, o comunque quella visione della donna libera, forte, indipendente e fedele a se stessa, che contraddistingue la narrativa di Charlotte Brontë. Frances vorrà fermamente mantenere il suo posto di lavoro, nonostante superate ormai le difficoltà, possa confidare in una situazione economica agiata legata al matrimonio. Lei e William si battono con tenacia, onestà e forza per costruirsi la vita che vogliono. Possono stare insieme solo se saranno compagni, pari nella vita e nell’amore: Jane Eyre e Mr. Rochester lo impareranno alla fine di un lungo percorso. Forse, avendo questo romanzo un protagonista maschile, parlare di “femminismo” è deviante. Di sicuro però il discorso di dignità si può estendere a un campo molto più ampio, perché quando parliamo di dignità umana non parliamo di uomini e donne: parliamo di persone. Non sarà la sua opera migliore, ma la grandezza di questa autrice si percepisce già da queste pagine, scritte prima di tutte le altre, annoverate di diritto tra le più belle della letteratura inglese.