Il 28 marzo 1941 moriva Virginia Woolf, una delle autrici più conosciute al mondo. Voce senza eguali del XX secolo, continua a ispirare, insegnare e parlare a lettori e lettrici di tutto il mondo ancora oggi attraverso i suoi scritti. Questa autrice era una persona con una grande sensibilità e dotata di un talento fuori dal comune. Oggi vogliamo ricordarla con un articolo dedicato a Virginia Woolf e Emily Brontë, due animi affini.
Sono tante le iniziative (per lo più social, data la pandemia ancora in corso) che in questa giornata particolare sono dedicate a Virginia Woolf. La Italian Virginia Woolf Society ha lanciato su Instagram l’hashtag #VirginiaèViva: Virginia è viva, evviva Virginia. Noi vogliamo rendere omaggio a questa autrice con un articolo corale, in cui abbiamo coinvolto delle care amiche, grandi appassionate e esperte di Virginia Woolf. Eccolo qui.
Virginia Woolf e Emily Brontë, sguardi condivisi
Virginia Woolf e Emily Brontë, perché parlarne oggi? In questo giorno si ricorda la morte di una grandissima autrice inglese, colei che ci ha donato Mrs Dalloway e Gita al Faro. Perché parlare di Virginia Woolf su un blog bronteano? Perché questa immensa scrittrice è in realtà strettamente legata alle nostre amate sorelle Brontë, e al ruolo stesso della donna scrittrice. E in questo articolo per celebrarla, nel mese di marzo che è un mese particolarmente legato al mondo femminile, siamo felici di approfondire il discorso con Manuela La Gamma di Impressions Chosen From Another Time e Laura Ganzetti de Il tè tostato: due blogger formidabili e grandi appassionate di Virginia Woolf.
Virginia Woolf e Emily Brontë, due animi affini; di Serena Di Battista
Cosa hanno in comune Virginia Woolf e Emily Brontë? In Una stanza tutta per sé leggiamo: “Emily Brontë […] doveva essersi bruciata il cervello nella brughiera o si aggirava gemendo per le strade, resa folle dalla tortura che il suo stesso talento le infliggeva.” Se la immagina così Virginia Woolf Emily Brontë, immensa nel suo talento straordinario, eppure in qualche modo isolata, o meglio, sola.
Sola in quanto donna, sola in quanto autrice, in un mondo che è degli uomini. Come sappiamo, a loro modo le sorelle Brontë hanno sempre rivolto uno sguardo particolare, attento e ardito, al mondo delle donne. E in quanto donne esse stesse, sono state luci luminose che hanno brillato nonostante le difficoltà, soprattutto quelle dovute al loro genere.
Nel suo saggio Virginia Woolf, circa ottant’anni dopo le Brontë, con occhi nuovi e parole diverse, approfondisce esplicitamente proprio questo stesso tema. Analizzando le opere di colei che ci ha lasciato in eredità un capolavoro quale Cime Tempestose, Virginia Woolf ne percepisce il talento smisurato, come poetessa e come romanziera, e immagina del suo talento la maestosa e furiosa grandezza, e allo stesso tempo un mondo che non è preparato a riceverla.
Ne Il lettore comune scrive: “È come se lei sapesse lacerare tutto ciò che sappiamo degli esseri umani, e riempire queste irriconoscibili trasparenze con tali empiti di vita che trascendono la realtà. Il suo è il più raro dei doni.” Cosa hanno in comune Virginia Woolf e Emily Brontë? Ben poco, o forse molto di più. Di certo condividono un dono. Una sensibilità, un talento e una propensione alla poesia: la prima però non riesce a vivere di questo dono; la seconda non solo lo riconosce, ma si prende carico di portarlo all’attenzione del mondo. Un mondo ancora degli uomini, ma un po’ di meno. Virginia Woolf e Emily Brontë sono due anime in qualche modo affini, di sicuro tormentate da forti venti interiori, che hanno spesso mosso in loro dolore e bellezza. Siamo molto fortunati a poter ritrovare tanta poesia nelle pagine che ci hanno lasciato.
Approfondendo Virginia Woolf: il ruolo della scrittrice, di Manuela La Gamma
Cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto una sorella scrittrice? Mentre William si dedicava ai bagordi a Londra, bevendo, amando e succhiando la vita fino al midollo – quella stessa vita che sarebbe diventata poesia – la fittizia Judith, vivace ed estremamente talentuosa, sarebbe rimasta a casa, forzata a dedicarsi allo stufato o ai calzini da rammentare, costretta nei ritagli di tempo ad appartarsi a leggere.
In Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf immagina l’esistenza di Judith Shakespeare e le condizioni nelle quali sarebbe stata costretta a lavorare, concludendo che, nonostante il genio, una donna non sarebbe riuscita a scrivere capolavori affini a quelli di Shakespeare nell’ epoca elisabettiana. Non perché fosse meno intelligente o meno dotata o meno ispirata dalle muse capricciose, ma perché donna.
Cosa serve davvero alla donna scrittrice per poter fare il suo lavoro senza ostacoli né limitazioni? Una stanza tutta per sé, all’interno della quale dare libero sfogo alla propria ispirazione e creatività, senza doversi necessariamente preoccupare di cucina e ricami; un reddito di 500 sterline all’ anno, che assicuri indipendenza economica e la possibilità di viaggiare, scoprire il mondo e sperimentare; l’indipendenza intellettuale per scrivere quelle storie che le stanno a cuore e che vuole davvero raccontare.
Approfondendo Virginia Woolf: Virginia e Charlotte Brontë, di Laura Ganzetti
Virginia Woolf è una delle autrici più luminose del novecento, una innovatrice, una scrittrice irripetibile, ma ancor di più era una lettrice straordinaria, acuta e riflessiva, passionale e ponderata, e questo suo essere lettrice l’ha trasformata in uno dei più sopraffini critici letterari di ogni tempo. Legata alla sua Inghilterra, legata ancor di più all’ universo femminile e al ruolo della donna nella società, non ha potuto tralasciare l’universo Brontë.
Virginia racconta Charlotte in particolare, suggerendo di osservarla non dimenticando il tempo in cui è vissuta e i valori che vigevano allora. Per Virginia Woolf calare l’autrice nel dove e nel quando sono chiavi di lettura imprescindibili e così in Common Reader del 1916, scritto a cento anni dalla nascita di Charlotte, ci guida agli anni quaranta del secolo precedente, ci chiede proprio di fare un viaggio mentale per arrivare a uno Yorkshire freddo e cupo dove nel disagio viveva quella che viene definita l’esaltazione in cui Charlotte rimase per sempre.
Virginia sottolinea come le condizioni di vita di Charlotte le abbiano dato l’impulso di imprimere quella poesia che emerge dalla sua scrittura e in pochissime perfette parole la racconta: “Scrivendo, Charlotte diceva con eloquenza e splendore e passione «io amo», «io odio», «io soffro». La sua esperienza, anche se più intensa, è allo stesso livello della nostra.”
E voi avete mai provato a confrontare Virginia Woolf e Emily Brontë? Se siete curiosi di leggere altri articoli su altre scrittrici e artiste che hanno voluto rendere omaggio a Emily non perdetevi Cime Tempestose di Sylvia Plath e Wuthering Heights di Kate Bush