Branwell Brontë si identificò sin da ragazzo con un personaggio di sua creazione che chiamò Northangerland inventando e scrivendo su carta per lui stravaganti avventure, incredibili misfatti e le più sfrenate conquiste erotiche, il tutto caratterizzato da un ritratto torbido e tormentato del personaggio. Sicuramente per il giovane figlio del parroco di Haworth, non proprio avvenente e conscio del proprio carattere debole, questo alter ego fu un modo per sfuggire ad una realtà squallida che sin dalla giovane età gli faceva già prevedere quelli che sarebbero stati i fallimenti dell’età adulta; e infatti Branwell per tutta la vita si identificò con il suo personaggio arrivando a disegnarlo più volte su carta e a firmarsi spesso con quel nome da lui inventato che diventò per anni a tutti gli effetti anche il suo pseudonimo – Northangerland.
In effetti l’eroe negativo di Branwell venne concepito come Alexander Percy, il rivoluzionario e corrotto pirata di Citta’ di Vetro che, ancor prima denominata Verdopoli, in seguito con diverso nome diventò la capitale del regno di Angria. Giocatore d’azzardo e alcolizzato, costui viene anche detto Alexander Rogue e nei primissimi scritti giovanili Branwell e Charlotte gli attribuirono mogli e figli di cui egli presto abilmente si libera in maniera subdola e sleale. Altro elemento importantissimo che contraddistingue il personaggio è la capacità di seduzione che gli consente di avere negli anni diverse mantenute e figli illegittimi sparsi per tutto il regno d’Africa. Alla fine del 1832, dopo averlo descritto come sedizioso e fomentatore, Branwell decise di far fucilare Rogue dicendo ‘Rogue cadde a terra morto’, ma ben presto sentendo la mancanza del personaggio forte che aveva creato decise di riportarlo in vita senza alcuna spiegazione attribuendogli da quel momento una nuova dignità e una certa credibilità, oltre a un nuovo nome e un titolo, vale a dire Northangerland Conte di Elrington, grazie anche all’ultimo matrimonio da lui contratto.
Il racconto Il Pirata è proprio quello in cui Branwell decise di ‘resuscitare’ il suo personaggio facendolo riapparire ricco e ‘da non si sa dove’ per stabilire con questo episodio la fine della sua vita smoderata e dell’ attività di pirata. Nei tre capitoli in cui il racconto si articola e’ possibile seguire la vicenda attraverso le parole del Capitano Flower, personaggio chiave per l’azione e anch’egli uno dei personaggi presenti che, un po’ come avverrà poco dopo nel ciclo di Angria con il narratore alter ego di Charlotte Charles Wellesley, contribuirà a rendere vivida la vicenda essendo coinvolto personalmente nell’avventura narrata.
A volte troppo diretto e grezzo, privo di aggettivi e alquanto lineare, lo stile di Branwell, a differenza di quello delle sorelle e soprattutto di Charlotte, che già in quegli anni giovanili era grande osservatrice dell’animo umano, si limita spesso alla narrazione arida dei fatti, talvolta descritti addirittura in maniera sin troppo cruenta e particolareggiata. Si intuisce da ciò in Branwell l’aspetto ancora alquanto infantile della narrazione che include, fra l’altro in questo racconto, ancora la presenza dei geni e quel senso del soprannaturale presente nella prima fase della scrittura giovanile dei Brontë.
Maddalena De Leo
(il racconto ‘Il Pirata’ da me tradotto in lingua italiana è contenuto in versione integrale nell’antologia ‘Bronteana’ – Premio De Leo-Brontë 2017)
In copertina: Disegno di Branwell intitolato ‘Il pirata’ del 1835 (235x 197) conservato presso il Bronte Parsonage Museum.